di Camilla Curcio – Fonte ilSole24Ore (link)
Nei palazzi delle grandi città, fanno sempre più presa i servizi condivisi per favorire dialogo e integrazione tra i residenti e dimezzare le spese
Parola d’ordine? Condivisione. Da qualche anno, il condominio cerca strade che aiutino a promuovere il dialogo tra i residenti, nel tentativo di fare spending review e ridurre i dissapori tra dirimpettai. Così la guardiola del portiere rimasta vuota si trasforma nello spazio ideale per ospitare una piccola biblioteca dove educare adulti e bambini al piacere della lettura (e del confronto). E, tra una commissione in farmacia e un giro al parco, il palazzo si popola di badanti condominiali, baby-sitter e infermieri, pronti a offrire competenze, tempo e conforto.
Il condominio solidale
Quello del condominio solidale è un trend consolidato, che è riuscito a ritagliarsi uno spazio importante anche nel Ddl Anziani . Il disegno di legge, approvato di recente in Parlamento, dota l’Italia di misure normative e fondi (circa 3.8 milioni di euro) da destinare ad anziani fragili e al finanziamento di servizi come cure domiciliari e formule di coabitazione sociale (cohousing).
Gli over 60, ovviamente, non sono gli unici beneficiari dei progetti che, nel tempo, singoli palazzi sparsi per la penisola hanno messo in piedi. Lanciando un salvagente alle famiglie che, impossibilitate da ristrettezze economiche o turni di lavoro serrati, sono riuscite a gestire figli e genitori anziani grazie a persone di fiducia.
In questo senso, fondamentale è stato l’apporto delle associazioni di amministratori condominiali e proprietari immobiliari che, da Nord a Sud, da Milano a Messina, si sono spese in un’opera di divulgazione per far conoscere i vantaggi di una sharing economy che può sedimentarsi tra le mura di uno stabile storico in centro o di un caseggiato in periferia.
La badante di condominio
Tra i servizi condivisi che stanno riscontrando interesse, spicca quello della badante condominiale. Richiesta negli edifici con un’alta percentuale di anziani, è stata lanciata, nel 2012, da Confabitare.
Che, partendo da Bologna, ne ha esportato il modello nel resto del Paese con ottimi risultati. Scelta da più famiglie accomunate dagli stessi bisogni (o raramente suggerita dalle associazioni), l’assistente suddivide le ore di lavoro, parcellizzando il contratto domestico di colf e badante in quote.
Non è una dipendente dell’amministratore né del condominio: della retribuzione se ne occupano direttamente i condòmini che beneficiano dei suoi servizi e che suddividono la somma da corrisponderle, commisurandola alle ore di lavoro coperte in ogni singolo appartamento.
«L’idea mi è venuta quando, leggendo l’ennesimo articolo sulle difficoltà della vita in condominio, ho iniziato a pensare a un modo per creare più coesione tra famiglie», spiega Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare, in prima linea nella promozione di iniziative di sharing. «Se due o più condòmini hanno gli stessi problemi, trovare una soluzione comune può aiutarli a stringere amicizie. Il punto di partenza di un percorso di condivisione che non sovraccarica il budget familiare e solleva l’amministratore da preoccupazioni gravose. Per un singolo nucleo, ingaggiare una badante in autonomia può costare parecchio tra stipendio e contributi».
Spartirne una con gli altri, invece, garantisce benefit a entrambe le parti: per l’utente, spese contenute e una figura amica di riferimento. Per la professionista, invece, un grosso risparmio di tempo e denaro, potendo muoversi nello stesso spazio nell’arco di poche ore, e uno stipendio intero maturato con tanti piccoli part-time.
L’esperimento pavese
Capita anche, però, che sia il Comune a sovvenzionare le prestazioni delle badanti. È il caso dell’esperimento avviato a Pavia nel 2019 da una joint venture tra l’amministrazione locale e l’associazione “Vasi di creta”. In un caseggiato Aler, 22 anziani che, con le loro pensioni, non potrebbero permettersi assistenza domiciliare, usufruiscono gratuitamente dell’assistenza di due badanti che, assunte dalla non profit e pagate coi fondi comunali per 20 ore di lavoro a settimana ciascuno, si occupano delle faccende di casa e li aiutano a tenere a bada la solitudine.
«Quando andavo a trovarli, vedevo che serviva un supporto per la cura della casa, talvolta per l’igiene personale ma anche qualcuno che facesse loro compagnia», racconta Giovan Battista Sansica, coordinatore dell’onlus e diacono permanente della diocesi della città. «Così, navigando sul web, mi si è accesa la lampadina. Con la badante condivisa si ritorna al passato, ai tempi del vicinato, quando bastava ritrovarsi in cortile per avere un aiuto».
Attivo, per ora, solo nella struttura di viale Sardegna, non è escluso che possa diffondersi nel resto del territorio: «Sto riflettendo parecchio su quest’idea», aggiunge Anna Zucconi, assessore del Comune di Pavia con delega ai servizi sociali, volontariato, sanità e politiche per la casa, «si tratta di un servizio prezioso perché fa riflettere su quanto, se vivessimo in un mondo perfetto, gli anziani andrebbero nelle Rsa solo in casi di emergenza. Per ampliarlo, tuttavia, serve studiare formule ad hoc per i contesti specifici, eventualmente anche quartieri e non solo condomini. Tengo molto agli anziani e sono stati numerosi i progetti che abbiamo avviato partendo dal presupposto che non bisogna considerarli destinatari ma risorsa da cui partire».
Dalla baby-sitter all’infermiere
La sharing economy condominiale ne ha anche per le generazioni più giovani. Sono diversi gli edifici che propongono, ad esempio, baby-sitter e asili nido. «La baby-sitter è nata nel solco della badante», aggiunge Zanni.
«Il successo di quell’esperienza ci ha fatto pensare a un modello simile per le giovani coppie, per aiutarle a badare ai bambini ed evitare, magari, di portarli all’asilo, dove capita che le liste d’attesa siano infinite». Il sistema è identico: gruppi di famiglie fanno opera di scouting e, selezionato il profilo ideale, lo assumono a contratto, ripartendo equamente gli oneri.
Schema che, peraltro, si ripete anche per l’infermiere condominiale, che opera in un punto d’accesso predisposto in condominio (a cadenza settimanale o bisettimanale) o eroga prestazioni sanitarie standard a domicilio. Come succede, ad esempio, a Milano, dove 42 famiglie, sparse tra i palazzi dei municipi tre, sei e sette, contano su professionisti certificati grazie a un servizio gestito (e finanziato) dal Comune con il servizio WeMi.
Discorso a parte meritano, invece, gli asili nido: gestibili sia da residenti che da esterni, possono essere aperti solo se non violano le prescrizioni previste dal regolamento e le regole regionali in merito a numero massimo di ospiti, metratura e certificati di idoneità e sicurezza.
Gruppi d’acquisto, bike sharing e internet
L’attenzione al welfare si manifesta anche con gruppi d’acquisto solidali, bike sharing e connessione internet. I condòmini possono fare la spesa settimanale, compilando un unico ordine per frutta, verdura o prodotti per la casa. Soluzione che accelera i tempi e taglia le spese. Non si sottraggono alla compartecipazione neppure le biciclette: «Si potrà posizionare in cortile una rastrelliera, che non crei disagio né leda il decoro del fabbricato», sottolinea Sabrina Apuzzo, presidente di Naca (National association condominium administrators). «Il costo complessivo, che può comprendere anche la manutenzione, deve essere suddiviso in proporzione ai millesimi di proprietà tra gli utenti del servizio».
Per l’Adsl, invece, «occorre installare un’antenna radio sul tetto comune che emani un segnale captato da chi ha la password. Sistema che può aiutare ad abbattere i costi ma rischia di essere lento, soprattutto nei condomini con molte unità abitative».
Spazi e libri da condividere
Menzione speciale meritano, infine, cohousing e biblioteche condominiali. Si tratta di modelli esportati dall’estero (rispettivamente dalla Scandinavia negli anni ’60 e dall’America nel 2012) che, per appeal e carica innovativa, hanno conquistato anche l’Italia. Spesso intersecandosi. Non è raro, infatti, che nel sistema abitativo dove più condòmini scelgono di vivere nello stesso complesso, si trovino a condividere servizi come orto, lavanderia e biblioteche. Che, soprattutto nella città di Milano, forte di 24 presidi inclusi nel sistema bibliotecario civico, sono diventate microcosmi dove cercare un romanzo da leggere è solo un pretesto per vincere la diffidenza, sfidare le barriere sociolinguistiche e riscoprire il contatto umano.
COMMENTI